• Il cotone “sporco e insostenibile” di #Zara ed #H&M e la distruzione del #Cerrado

    La Ong inglese #Earthsight ha condotto un’inchiesta per un anno lungo la filiera di questa fibra tessile: i due marchi della fast fashion avrebbero immesso sul mercato 800mila tonnellate di cotone coltivato su terreni disboscati illegalmente nella savana tropicale che copre un terzo del Brasile. “Il sistema di filiera ‘etica’ su cui si basano questi colossi è fondamentalmente difettoso”

    Se negli ultimi anni avete acquistato vestiti di cotone, asciugamani o lenzuola di H&M o Zara “probabilmente sono macchiati del saccheggio del Cerrado”, un’area ricchissima di biodiversità che copre quasi un quarto della superficie del Brasile. Sam Lawson, direttore della Ong britannica Earthsight, non usa mezzi termini per commentare l’esito dell’inchiesta “Fashion crimes. The European retail giants linked to dirty Brazilian cotton”, pubblicata l’11 aprile, che analizza la lunga e insostenibile filiera di questa fibra dalla produzione (in Brasile) alla lavorazione (in Paesi come Indonesia e Bangladesh), fino alla commercializzazione in Europa (Italia compresa) dove, secondo le stime di Earthsight, i due brand avrebbero messo in commercio prodotti realizzati con 800mila tonnellate di cotone coltivato su terreni disboscati illegalmente nel Cerrado.

    Ma andiamo con ordine. L’inchiesta di Earthsigh prende le mosse proprio dal grande Paese latinoamericano che, negli ultimi dieci anni, ha guadagnato crescente importanza nel mercato globale del cotone, di cui oggi è il secondo esportatore mondiale “e si prevede che entro il 2030 supererà gli Stati Uniti”. Il cuore di questa produzione si concentra in uno degli ecosistemi più fragili e preziosi del mondo: il Cerrado, una grande savana tropicale che ospita una delle più importanti aree di biodiversità al mondo, dove vivono oltre seimila specie di alberi così come centinaia di rettili, mammiferi, anfibi e uccelli.

    La sopravvivenza di questo inestimabile patrimonio è minacciata dalla deforestazione illegale che nel 2023 ha raggiunto livelli record, con un aumento del 43% rispetto al 2022. “Circa la metà della vegetazione nativa del Cerrado è già andata perduta, soprattutto per far posto all’espansione dell’agrobusiness”, evidenzia il report. Milioni di litri d’acqua vengono prelevati regolarmente dai fiumi e dalle falde per irrigare i campi di cotone, la cui coltivazione richiede l’utilizzo di 600 milioni di litri di pesticidi ogni anno.

    L’inchiesta di Earthsight analizza in particolare il ruolo di due dei principali produttori di cotone brasiliani: il gruppo Horita e SLC Agrícola che controllano enormi aziende e centinaia di migliaia di ettari di terreno. “Nel 2014 l’agenzia ambientale dello Stato di Bahia ha rilevato 25mila ettari deforestati illegalmente nelle aziende agricole di Horita a Estrondo -si legge nel report-. Nel 2020 la stessa agenzia ha dichiarato di non essere riuscita a trovare i permessi per altri 11.700 ettari deforestati dall’azienda tra il 2010 e il 2018”. Tra il 2010 e il 2019 l’azienda è stata multata complessivamente più di venti volte, per un totale di 4,5 milioni di dollari, per violazioni ambientali.

    Altrettanto gravi, le denunce rivolte a SLC Agrícola: tre aziende, tutte coltivate a cotone, hanno cancellato per sempre 40mila ettari di Cerrado nativo negli ultimi 12 anni. E, sebbene l’azienda abbia adottato una politica “zero deforestazione” nel 2021, è accusata di aver distrutto altri 1.356 ettari di vegetazione nel 2022. Accuse che hanno spinto il fondo pensionistico pubblico della Norvegia a ritirare i propri investimenti nella società brasiliana.

    Al termine di un lavoro d’inchiesta di un anno -durante il quale hanno analizzato migliaia di registri di spedizione, relazioni aziendali, elenchi di fornitori e siti web– i ricercatori di Earthsight hanno ricostruito la filiera che porta il cotone coltivato illegalmente nel Cerrado nei negozi di Zara ed H&M e poi negli armadi di milioni di persone. I ricercatori hanno identificato otto produttori di abbigliamento asiatici che utilizzano il cotone Horita e SLC e che allo stesso tempo forniscono alle due società di fast fashion milioni di capi di cotone finiti. Tra questi figura l’indonesiana PT Kahatex “il più grande acquirente di cotone contaminato Horita e SLC che abbiamo trovato”. H&M è il secondo cliente dell’azienda indonesiana, da cui ha acquistato milioni di paia di calzini, pantaloncini e pantaloni che sono poi stati messi in vendita nei negozi del gruppo negli Stati Uniti, in Germania, nel Regno Unito, in Svezia, nei Paesi Bassi, in Belgio, in Spagna, in Francia, in Polonia, in Irlanda, in Italia.

    Il cotone sporco del Cerrado è finito anche negli stabilimenti di Jamuna Group, uno dei maggiori conglomerati industriali del Bangladesh: “Nei negozi Zara in Europa, fino ad agosto 2023, sono stati venduti per 235 milioni di euro jeans e altri capi in denim confezionati da Jamuna, circa 21.500 paia al giorno -si legge nel report-. Inditex importa i capi prodotti da Jamuna in Spagna e nei Paesi Bassi, da dove li distribuisce ai suoi negozi Zara, Bershka e Pull&Bear in tutta Europa”. Complessivamente, secondo le stime che i ricercatori hanno elaborato consultando i registri delle spedizioni il Gruppo Horita e SLC Agrícola hanno esportato direttamente almeno 816mila tonnellate di cotone da Bahia verso i mercati esteri tra il 2014 e il 2023. Una quantità di materia prima sufficiente a produrre dieci milioni di capi d’abbigliamento e prodotti per la casa tra lenzuola, tovaglie e tende.

    Ma come è stato possibile, si sono chiesti i ricercatori, che le catene di approvvigionamento dei due marchi di moda siano state “contaminate” da cotone brasiliano legato a deforestazione e land grabbing? “Parte della risposta sta nel fatto che le loro politiche etiche sono piene di falle. Ma soprattutto, il sistema di filiera etica su cui si basano è fondamentalmente difettoso”.

    Il riferimento è al fatto che, nel tentativo di presentarsi come sostenibili e responsabili, i due brand si sono affidati a un sistema di certificazione denominato Better Cotton (BC). “Il cotone che abbiamo collegato agli abusi ambientali a Bahia ne riportava il marchio di qualità. Questo non dovrebbe sorprendere dal momento che Better Cotton è stata ripetutamente accusata di greenwashing e criticata per non aver garantito la piena tracciabilità delle catene di approvvigionamento”, scrivono i ricercatori di Earthsight nel rapporto. Evidenziando come, sebbene dal primo marzo 2024 le regole di BC siano state aggiornate, rimangano comunque una serie di criticità e di punti deboli. A partire dal fatto che il cotone proveniente da terreni disboscati illegalmente prima del 2020 venga ancora certificato.

    “È ormai molto chiaro che i crimini legati ai beni che consumiamo devono essere affrontati attraverso la regolamentazione, non attraverso le scelte dei consumatori -conclude Sam Lawson, direttore di Earthsignt-. Ciò significa che i legislatori dei Paesi consumatori dovrebbero mettere in atto leggi forti con un’applicazione rigorosa. Nel frattempo, gli acquirenti dovrebbero pensarci due volte prima di acquistare il prossimo capo di abbigliamento in cotone”.

    https://altreconomia.it/il-cotone-sporco-e-insostenibile-di-zara-ed-hm-e-la-distruzione-del-cer
    #industrie_textile #coton #mode #déforestation #Brésil #rapport #chiffres #statistiques #SLC_Agrícola #Horita #SLC #fast-fashion #land_grabbing #accaparement_de_terres #Better_Cotton #greenwashing #green-washing

    • Fashion Crimes: The European Retail Giants Linked to Dirty Brazilian Cotton


      Key Findings:

      - The world’s largest fashion brands, H&M and Zara, use cotton linked to land grabbing, illegal deforestation, violence, human rights violations and corruption in Brazil.
      - The cotton is grown by two of Brazil’s largest agribusinesses – SLC Agrícola and the Horita Group – in western Bahia state, a part of the precious Cerrado biome, which has been heavily deforested in recent decades to make way for industrial-scale agriculture.
      - Unlike in the Amazon, deforestation in the Cerrado is getting worse. The biome is home to five per cent of the world’s species. Many face extinction due to habitat loss if current deforestation trends are not reversed.
      - For centuries, traditional communities have lived in harmony with nature. These communities have seen their lands stolen and suffered attacks by greedy agribusinesses serving global cotton markets.
      - The tainted cotton in H&M and Zara’s supply chains is certified as ethical by the world’s largest cotton certification scheme, Better Cotton, which has failed to detect the illegalities committed by SLC and Horita. Better Cotton’s deep flaws will not be addressed by a recent update to its standards.
      - Failure by the fashion sector to monitor and ensure sustainability and legality in its cotton supply chains means governments in wealthy consumer markets must regulate them. Once in place, rules must be strictly enforced.

      https://www.earthsight.org.uk/fashion-crimes

  • Farçous aux blettes
    https://www.cuisine-libre.org/farcous-aux-blettes

    Petites crêpes aux vert de blettes, typiquement aveyronnaises. Faire tremper le pain dans le lait. Pendant ce temps, cuire les bettes à la vapeur et les égoutter. Presser les feuilles pour en extraire le jus de cuisson. Les hacher grossièrement avec le persil. Hacher l’oignon et l’ail. Dans une jatte, mélanger le pain trempé dans le lait, les œufs, les bettes et le persil haché jusqu’à obtention d’une pâte homogène. Ajouter la farine, l’oignon et l’ail hachés. Saler, poivrer et mélanger. Laisser… #Bette, #Röstis_et galettes, #Pain_rassis, #Aveyron / #Sans viande, #Végétarien, Sauté

    #Sauté

  • Des centaines d’agriculteurs en tracteur manifestent à Paris après la décision du gouvernement de renoncer à autoriser les insecticides néonicotinoïdes pour la culture de la betterave sucrière.

    https://www.lemonde.fr/planete/article/2023/02/08/interdiction-des-neonicotinoides-des-agriculteurs-manifestent-a-paris-contre

    A l’arrière de son tracteur, une pancarte « Macron menteur, oui aux NNI [néonicotinoïdes], oui au sucre français ».

    Miam le bon sucre !

    #néonicotinoïdes

    • Apparemment certains producteurs venaient juste de renouveler un contrat de 5 ans avec engagement de production.
      Il faut dire que le gouvernement comptait bien continuer à les autoriser à utiliser les néonicotinoïdes, avec une consultation publique en ce sens.

      « Je n’ai pas vu venir l’interdiction et si j’avais su, j’aurais révisé à la baisse mon contrat avec Tereos [ce groupe coopératif sucrier possède 44 sites industriels dont plus d’une dizaine dans les Hauts-de-France, et rassemble 12 000 associés coopérateurs pour un chiffre d’affaires de 5,1 milliards d’euros en 2021-2022]. Ces contrats, qui portent sur cinq ans, devaient être renouvelés avant le 31 décembre 2022 et l’interdiction par le gouvernement des néonicotinoïdes est tombée le 23 janvier. Je ne sais pas ce que je vais faire. En 2022, alors que leur usage était autorisé, par dérogation, j’ai pu faire 97 tonnes l’hectare. En 2020, quand ils étaient interdits, j’ai eu une perte de 10 % à 20 % », raconte l’agriculteur.

      https://www.lemonde.fr/planete/article/2023/02/08/apres-l-interdiction-des-neonicotinoides-les-cultivateurs-de-betteraves-du-p

      Avant 2017 et depuis 1968, les producteurs de betteraves à sucre européens bénéficiaient d’un temps socialement nécessaire plus long que leurs concurrents via des quotas et des prix garantis.

      Avec la réforme de la PAC, tout s’arrête, mais le syndicat unique de la filière, la CGB, était optimiste avec un plan de hausse de la production de 20% et même une hausse de la productivité à l’hectare, pour exporter plus.

      La fin des quotas sucriers ouvre un boulevard pour la France, premier producteur européen de sucre. (2017)

      https://www.usinenouvelle.com/article/vers-une-production-record-de-betteraves-et-de-sucre-en-france.N62457

      Le temps socialement nécessaire (sur le marché mondial) pour produire une tonne de betterave est maintenant ~ de 2h par tonne avec un salaire horaire au SMIC (22€/t), et était de 2 h 15 du temps des quotas. Il faut donc gagner 15 min par tonne de betteraves pour continuer à produire de la betterave, par tous les moyens !

      Normal que les néonicotinoïdes soient indispensables pour produire de la valeur avec des betteraves à sucre. Tous les arguments les plus fallacieux sont bons pour justifier a posteriori cette production de valeur absurde, alors que le sucre n’est même indispensable à l’alimentation humaine, et qu’il cause diabète et obésité à travers le monde.

      Le discours du syndicat des producteurs de la betteraves, et des députés RN qui sont venus les soutenir, est de tout faire pour produire une tonne de betterave en 2h.

      https://twitter.com/MarionMarechal/status/1623343547914113026?s=20&t=_ekX1Lhl1lNCqkZ_FB5R4Q

      #critiquedelavaleur

    • Néonicotinoïdes : les capitalistes du sucre à la manœuvre

      [...] Le prétexte invoqué était que les #néonicotinoïdes représentaient la seule solution pour protéger leurs cultures contre la jaunisse, une grave maladie de la betterave transmise par les pucerons, qui peut diminuer fortement les #rendements, comme ce fut le cas en 2020.

      Il existe en fait des alternatives aux néonicotinoïdes, comme l’utilisation d’autres #insecticides, moins efficaces mais moins dangereux, ou bien la pratique de techniques culturales différentes, mais elles ne garantissent pas d’obtenir des rendements maximums chaque année. C’est là que le bât blesse car, pour les producteurs de #betteraves_à_sucre, des rendements élevés chaque année permettent de compenser les bas prix auxquels ils vendent leur #production.

      En effet ces #agriculteurs sont complètement inféodés aux groupes de l’industrie du sucre, comme le groupe coopératif ­#Tereos – qui n’a de coopératif que le nom –, qui achète les betteraves à sucre à 12 000 agriculteurs adhérents en France, en assure la transformation en sucre, amidon ou éthanol, intervient dans le monde entier et vient de réaliser plus de 5 milliards d’euros de chiffre d’affaires.

      Depuis la fin de la réglementation du secteur sucrier en Europe, survenue en 2017, les tarifs proposés par les industriels aux producteurs ne sont plus garantis par les États. Les capitalistes peuvent ainsi mettre en concurrence les betteraviers européens avec les agriculteurs du reste du monde (Brésil, Inde…) et pousser les prix à la baisse. Si la production européenne de la betterave est actuellement en crise, c’est du fait de la rapacité des industriels sucriers, et ce n’est pas l’utilisation de tel ou tel insecticide qui résoudra le problème.

      Le gouvernement semble pour le moment ne pas vouloir revenir sur sa décision d’appliquer l’interdiction des #nicotinoïdes à la betterave à sucre. Mais il n’en a pas pour autant terminé avec sa politique d’aide aux #betteraviers, qui finit immanquablement par bénéficier aux capitalistes du secteur. Le lendemain de la manifestation, il a annoncé que toutes leurs pertes seront indemnisées si la jaunisse frappe en 2023, une réactivité immédiatement saluée par le groupe Tereos.

      https://journal.lutte-ouvriere.org/2023/02/15/neonicotinoides-les-capitalistes-du-sucre-la-manoeuvre_50496

      #capitalisme #indemnisation

    • Une critique intéressante de la promesse de substitution aux pesticides.

      Y a-t-il une alternative aux pesticides ?
      Alexis Aulagnier, 2021

      https://laviedesidees.fr/Y-a-t-il-une-alternative-aux-pesticides.html

      Suite à l’annonce du lancement d’Ecophyto, le ministère de l’Agriculture charge l’INRA de la rédaction d’une étude, intitulée Ecophyto R&D, qui doit identifier des scénarios de réduction de l’usage des pesticides et des solutions concrètes pour atteindre un objectif de réduction de moitié.
      (...)
      Les signataires de l’étude sont catégoriques : une réduction de 50% de la consommation de pesticides ne pourra passer que par une transformation en profondeur des exploitations agricoles. La publication de cette étude installe un horizon systémique pour les politiques publiques de réduction de l’usage des pesticides.
      (...)
      Pour le petit groupe d’agronomes chargés de mettre en place une première version du réseau Dephy, il est clair que cet instrument sera un lieu d’expérimentation pour les approches systémiques de l’agronomie. Ils insistent sur la nécessité de conduire des expérimentations systémiques, c’est-à-dire d’engager autant que possible les exploitations dans une reconception de leur organisation.
      (...)
      Le réseau Dephy devient le lieu d’un affrontement entre deux conceptions très différentes de l’agronomie et des savoirs que cette discipline doit produire pour accompagner la réduction de l’usage des pesticides. D’un côté, les agronomes systèmes entendent former des conseillers très qualifiés pour en faire les intermédiaires de transformations systémiques. De l’autre côté, la direction scientifique de l’institut souhaite avant tout rassembler un grand nombre de données pour favoriser l’identification de méthodes ou pratiques économes standardisées, puis en favoriser la diffusion. Elle prend des distances avec la notion de système puisque sa priorité est de mettre à jour des méthodes dont l’efficacité puisse être estimée en dehors d’un contexte particulier.
      (...)
      Des représentants de ces deux approches cohabitent temporairement, mais les tensions deviennent telles que la direction scientifique de l’institut prend la décision à la fin de l’année 2010 d’écarter les défenseurs des approches systèmes, accusés de se montrer inflexibles.
      (...)
      Cette inflexion s’incarne particulièrement dans l’émergence d’un nouveau levier d’action pour le plan Ecophyto : la mise au point et la promotion de substituts aux pesticides.

      L’intenable promesse de la substitution

      Très rapidement, les résultats du plan Ecophyto apparaissent comme extrêmement décevants. Alors que c’est une réduction de moitié qui était ambitionnée, les indicateurs de consommation sont à la stagnation, voire à l’augmentation dès l’année 2010. Les pouvoirs publics cherchent alors de nouvelles directions pour le plan Ecophyto. C’est dans ce contexte que le ministère de l’Agriculture s’intéresse à une solution nouvelle pour le plan : le développement des solutions de biocontrôle.
      (...)
      Un rapport consacré à ces méthodes est commandé par François Fillon, alors Premier ministre, à un député de sa majorité. La publication de ce document, à la tonalité très optimiste, installe le développement de substituts aux pesticides comme une réponse aux difficultés du plan. Lors de l’arrivée au pouvoir de Stéphane Le Foll en 2012, l’enthousiasme autour de ces méthodes ne se dément pas, bien au contraire.
      (...)
      Le développement des méthodes de biocontrôle présente enfin l’avantage de s’opposer aux approches systémiques, régulièrement taxées d’irréalistes par les organisations professionnelles agricoles. Face à la perspective lointaine et ambitieuse d’une reconception des exploitations, la promesse de la mise à disposition de substituts directs aux pesticides permet aux services du ministère de se montrer volontaires et concrets. Les solutions de biocontrôle, initialement marginales dans le plan Ecophyto, deviennent un leitmotiv dans la communication gouvernementale et sont opposées aux critiques adressées à l’égard du plan.

      Malgré cet enthousiasme politique, la déferlante de solutions alternatives n’a pas lieu et la substitution en tant que registre d’action n’éclipse pas la nécessité d’une réflexion sur le fonctionnement des exploitations. Les promoteurs mêmes du biocontrôle ne présentent pas ces solutions comme de stricts substituts. Une société savante, l’Académie du biocontrôle, est créée par des acteurs gravitant autour de l’IBMA. Elle rassemble des experts de ces méthodes issus de différents secteurs et propose notamment des formations à l’usage des méthodes de biocontrôle. Ses formateurs insistent sur l’incapacité des méthodes de biocontrôle à être utilisés comme des pesticides de synthèse et raccrochent ces solutions à la nécessité d’une réflexion de fond autour de la protection des plantes.

      Conclusion

      (...)
      la promesse de substitution est porteuse de forts effets de cadrage. Si ce levier d’action est privilégié par les pouvoirs publics, c’est parce qu’il permet de délaisser ou retarder des transformations plus profondes à la fois des exploitations et du modèle de développement agricole. Il produit en ce sens un effet dépolitisant. Les promesses de substitution sont nombreuses dans le champ de l’écologie : développement des énergies renouvelables, remplacement des voitures à moteur thermique par des véhicules électriques, etc.
      (...)
      De nombreux travaux en sciences sociales s’intéressent aux rapports d’affinité qui peuvent exister entre certaines connaissances et l’exercice de l’action publique. Les récents travaux sur l’enthousiasme politique autour du nudge sont à cet égard significatifs (Bergeron et al., 2018). Ils montrent comment des savoirs et méthodes venus des neurosciences sont aisément mobilisés dans l’action publique, en ce qu’ils sont porteurs d’une vision individualisante de problèmes publics. Mobiliser ces connaissances et les incarner dans des instruments permet d’éviter de s’attaquer à la racine collective de problèmes aussi divers que la malnutrition ou le réchauffement climatique. Un phénomène similaire de sélection de savoirs a eu lieu dans le cadre du plan Ecophyto : les options de l’identification de méthodes standardisées, puis celle de la substitution ont été favorisées puisqu’elles permettaient d’éviter les réflexions organisationnelles et structurelles liées à la mobilisation de connaissances systémiques.

      #agriculture #pesticides #plan-Ecophyto

  • Pounti (picoussel)
    https://www.cuisine-libre.org/pounti-picoussel

    Hacher la viande, le lard, les herbes, l’oignon et les blettes. Bien mélanger le tout. Ajouter les œufs un par un. Tamiser la farine et la levure et ajouter à l’appareil. Verser le lait par petites quantités. Saler et poivrer. Bien huiler une cocotte en fonte.

    Y verser la farce obtenue. Ajouter les pruneaux puis mettre au four à 180°C (thermostat 6) pendant une heure. Pour finir les restes de pounti, vous pouvez les trancher et les passer à la poêle. Le pounti n’en sera qu’encore meilleur … #Bette, #Pruneau, #Terrines, #Farine_de sarrasin, #Aveyron

  • #Néonicotinoïdes : la France n’autorisera plus l’usage du pesticide dans les champs de betteraves sucrières
    https://www.lemonde.fr/planete/article/2023/01/23/la-france-renonce-a-autoriser-de-nouveau-les-neonicotinoides-pour-les-semenc

    La France va respecter l’arrêt de la Cour de #justice de l’Union européenne, rendu jeudi. Le ministre de l’agriculture Marc Fesneau a déclaré lundi 23 janvier qu’il n’y aurait plus de dérogation pour l’usage de ces #insecticides sur les semences de #betterave.

  • Jérome Leleu, « Charles Bettelheim et la Révolution cubaine (1960-1971) » :
    http://www.revue-rita.com/notes-de-recherche6/jerome-leleu.html

    Charles #Bettelheim, un économiste #marxiste, est malheureusement tombé dans « un oubli relatif » selon Leleu. Pourtant, il y a tant à découvrir chez ce théoricien !

    Je débute un Projet de Recherche, probablement sur le « grand débat » en #économie qui a lieu en #Cuba de 1963 à 1965. Connaissant les contours des deux positions qui s’y affrontent—mais pas grand chose de plus—j’ai eu la joie d’apprendre de la part de Cédric Durand, professeur dans le séminaire, qu’il y a des archives de Bettelheim potentiellement exploitables sur ce sujet.

    Justement, c’est Leleu qui semble être le seul à les avoir véritablement exploités pour l’instant, élaborant deux excellents articles (je partagerai le second plus tard).

    Dans celui-ci, c’est l’histoire du lien que Bettelheim forme avec la #Révolution_cubaine qui est explorée. Pendant huit ans et huit séjours sur l’île, il conseille, il planifie, il met en avant ses positions contra #Che_Guevara.

    Un bel article à lire !

  • Betteraves californiennes
    https://www.cuisine-libre.org/betteraves-californiennes

    Betteraves dorées à l’orange. Laver les betteraves. Couper les racines et les tiges en laissant 2 à 3 cm de toupet. Cuire dans une tasse d’eau bouillante salée, à couvert, environ 40 à 50 minutes, jusqu’à tendreté. Égoutter. Frotter la peau sous l’eau froide courante pour la retirer. Couper les tiges restantes. Faire fondre du beurre ou de la margarine. Ajouter le zeste d’orange, le jus d’orange et le sel. Verser sur les betteraves. Chauffer. Garnir de tranches d’orange non pelées, coupées en petits… #États-Unis, #Orange_à jus, #Betterave_jaune / #Sans gluten, #Sans œuf, #Végétarien, #Sans viande, #Bouilli

  • Après la bataille de Waterloo, les os des morts utilisés dans l’industrie alimentaire pour filtrer le sirop de sucre
    François Braibant - RTBF
    https://www.rtbf.be/article/apres-la-bataille-de-waterloo-les-os-des-morts-utilises-dans-lindustrie-aliment

    Nos ancêtres étaient-ils des cannibales qui s’ignoraient ? A Waterloo en tout cas, les cadavres du champ de bataille ont servi à fabriquer du sucre ! C’est la découverte de deux historiens belge et allemand et d’un archéologue britannique. Cette découverte explique pourquoi il est si rare de découvrir un squelette sur le site de cette immense bataille.

    A Waterloo, le 18 juin 1815, entre dix et trente mille soldats sont tués. Où sont leurs cadavres ? Les archéologues en retrouvent très peu. Dans les années qui ont suivi la bataille, les paysans les ont déterrés et vendus. Qui a pu acheter ça ? L’industrie sucrière ! Le sucre de betterave vient d’être inventé. Ce sucre-là, il faut le clarifier. C’est à ça que vont servir les cadavres. Les os sont cuits dans des fours pour en faire une poudre, du « noir animal », qui filtre le sirop de sucre.


    Noir animal en poudre, utilisé aujourd’hui comme pigment RTBF – François Braibant

    Ce produit existe toujours, même si en Europe, il n’est plus utilisé par l’industrie sucrière. « Vers 1820 » raconte l’historien liégeois Bernard Wilkin, « du côté de Waterloo, la betterave supplante le froment. L’industrie sucrière s’installe, avec des fours à ossements. La valeur marchande des os - théoriquement animaux - s’envole. Cette valeur ne peut pas laisser indifférents les paysans du coin, souvent désargentés, qui savent très bien où se trouvent les charniers de la bataille. » Dès 1834, les sources écrites montrent que les incidents se multiplient. Des voyageurs rapportent avoir vu déterrer les cadavres. Des parlementaires dénoncent le trafic « d’os putrides » . Et le bourgmestre de Braine l’Alleud avertit par affiche : ces exhumations sont interdites et punissables.

    « On a un géologue allemand qui voit des paysans déterrer des ossements. Soi-disant des ossements de chevaux, mais il y en a un qui rigole, qui parle des soldats de la garde impériale, qui sont grands, dont les os se confondent facilement avec ceux des chevaux. Et dans les archives communales, le bourgmestre de Braine-l’Alleud parle clairement d’exhumations de cadavres pour en faire commerce. Il avertit la population de sa commune et des communes avoisinantes et rappeler que l’article 360 du Code pénal punit ces exhumations. Il destine cet avertissement aux cultivateurs et propriétaires terriens. » Personne, selon Bernard Wilkin, ne sera arrêté pour ces exhumations illégales.

    Le noir animal a rapporté énormément d’argent. Il s’agit de « centaines de milliers de francs de l’époque, plusieurs fois ce qu’un ouvrier peut gagner dans une vie. » L’un des procédés pour fabriquer le sucre impliquait de mélanger le noir animal à la préparation. De l’os humain s’est bien retrouvé il y a 200 ans dans les pâtisseries de nos ancêtres… selon l’historien plus cyniques que cannibales.

    #sucre #os #ossements #squelettes #Waterloo #Chimie #industrie #betterave #capitalisme

    • Les morts de Waterloo ont-ils été transformés en fertilisant agricole ? - Sciences et Avenir
      . . . . .
      « Des fosses communes ont été vidées par des entrepreneurs à la recherche d’os utilisés comme engrais pour faire de la farine d’os dans la première moitié du 19e siècle. Il existe de nombreux journaux faisant références à cette pratique à l’époque - avec les principaux champs de bataille européens dans lesquels étaient recherchés des tombes contenant de grandes quantités d’os. Leipzig est un autre champ de bataille mentionnés dans ce contexte. Les os ont été expédiés vers des ports tels que celui de Hull en Angleterre, mais également vers l’Écosse, où ils étaient broyés pour être utilisés comme engrais afin de favoriser la croissance des cultures. Seuls les charniers valaient la peine [des fosses contenant des corps en quantité, ndlr] et des contacts locaux ont probablement dû être payés pour identifier l’emplacement de ces sépultures. Ce qui ne veut pas dire que chaque charnier a été traité de cette manière, mais beaucoup semblent l’avoir été », a expliqué à Sciences et Avenir, l’archéologue Tony Pollard, lors d’un précédent échange. 

      Auraient ainsi été visités les champs de bataille d’Austerlitz, Waterloo et quelques autres. En 1822, un journal britannique rapportait d’ailleurs : « On estime que plus d’un million de boisseaux d’os humains et inhumains [chevaux, ndlr] ont été importés du continent européen l’année dernière dans le port de Hull. Les quartiers de Leipzig, Austerlitz, Waterloo et de tous les lieux où se sont déroulés les principaux combats de la dernière guerre sanglante ont été balayés de la même façon par les os du héros et du cheval qu’il a montés. Ainsi rassemblés chaque trimestre, ils ont été expédiés au port de Hull, puis acheminés aux broyeurs d’os du Yorkshire, qui ont installé des moteurs à vapeur et des machines puissantes dans le but de les réduire à l’état de granulaire. [..Ils ont été envoyés principalement à Doncaster, l’un des plus grands marchés agricoles de cette partie du pays, et son vendus aux agriculteurs pour qu’ils fassent purifier leurs terres…] »
      . . . . .
      Source : https://www.sciencesetavenir.fr/archeo-paleo/archeologie/les-morts-de-waterloo-ont-ils-ete-transformes-en-fertilisant-agrico

    • Curieux qu’il ait fallu rechercher un médecin allemand, afin d’accuser les pauvres (les riches consommaient du sucre de canne) de cannibalisme.
      Ce médecin pourrait nous éclairer sur ce que sont devenus les restes des dépouilles passés par les fours crématoires de son pays.

  • Salade de betterave aux haricots et pruneaux
    https://www.cuisine-libre.org/salade-de-betterave-aux-haricots-et-pruneaux

    La veille, faites tremper les haricots, pendant 6 à 8 heures. Égouttez-les, puis faites-les cuire pendant environ 1 heure. Égouttez et laissez refroidir. Lavez 3 betteraves moyennes à l’eau courante, puis faites-les pendant 55 à 60 minutes jusqu’à ce qu’elles soient tendres. Égouttez et laissez refroidir. Lavez les pruneaux et laissez-les tremper dans une tasse d’eau bouillante pendant 15 minutes pour les ramollir. Égouttez. Taillez les betteraves en petits dès, à peine plus gros que les haricots. Séchez…

    #Betterave, #Pruneau, #Salades, #Haricot_blanc, #Ukraine / #Végétarien, #Sans viande, #Sans œuf, #Sans lactose, Végétalien (vegan), Sans (...) #Végétalien_vegan_ #Sans gluten

  • Rossolje, salade estonienne
    https://www.cuisine-libre.org/rossolje-salade-estonienne

    Salade estonienne de #Betterave, hareng et pommes de terre. Mélange étonnant, mais délicieux, pour cette salade venue du froid. Couper les filets de harengs, la viande de bœuf, les betteraves rouges, les pommes de terre, les cornichons, les pommes, les œufs et l’oignon en cubes. Verser la crème fraîche dans un saladier, ainsi que la moutarde, le sucre, le sel et le poivre. Mélanger le tout. Ajouter du sel et du poivre si nécessaire. Laisser au réfrigérateur pendant une demi-heure et servir en…

    Betterave, #Macédoines, #Salades_de patates, #Cuisine_de l’Est, #Hareng salé #matjes / #Sans gluten
    #Hareng_salé #Estonie

  • Œufs farcis à la betterave, raifort et œufs de saumon
    https://www.cuisine-libre.org/oeufs-farcis-a-la-betterave-raifort-et-oeufs

    Râper finement la #Betterave au robot culinaire ou avec un presse-purée. Écaler les œufs et les couper en deux. Retirer délicatement les jaunes et les mettre dans un bol. Disposer les demi-blancs d’œufs sur un plat. Écraser le jaune à la fourchette. Incorporer la betterave, la mayonnaise, le raifort et le jus de citron. Assaisonner de sel et de poivre. À l’aide d’une petite cuillère ou d’une poche à douille, remplissez les demi-blancs d’œufs de crème. Décorer d’œufs de saumon et persil… #Œufs, Betterave, #Amuse-gueules, #Œufs_de poisson, #Œufs_farcis, #Russie / #Sans gluten, #Sans lactose, #Sans viande

  • Salade de #Betterave et carottes râpées
    https://www.cuisine-libre.org/salade-de-betterave-et-carottes-rapees

    Râper les betteraves et les carottes. Hacher le persil aussi finement que souhaité. Dans le saladier, fouettez le jus de citron vert avec l’huile d’olive et les épices. Mélanger tous les ingrédients, jusqu’à ce que la vinaigrette soit bien répartie. #Carotte, Betterave, #Salades_râpées, #Cuisine_de l’Est / #Végétarien, #Sans œuf, #Sans gluten, Végétalien (vegan), #Sans lactose, #Sans viande, Crudité

    #Végétalien_vegan_ #Crudité

  • Betteraves aux tomates et épices
    https://www.cuisine-libre.org/betteraves-aux-tomates-et-epices

    Laver soigneusement la #Betterave et la faire bouillir jusqu’à ce qu’elle soit tendre (jusqu’à une heure, selon la taille). Pendant ce temps, hachez les oignons et les faire revenir dans une poêle huilée 7 à 8 minutes à feu moyen à couvert. Hacher les tomates et les ajouter à la poêle et continuer à cuire pendant 4 à 5 minutes. Une fois la betterave cuite, retirez la peau et la râper. Ajouter dans la poêle avec la coriandre fraîche hachée. Bien mélanger et continuer à cuire pendant 5 à 6 minutes. Écraser… Betterave, #Tartinades, #Géorgie / Végétalien (vegan), #Sans gluten, #Sans viande, #Sans œuf, #Végétarien, #Sans lactose, (...)

    #Végétalien_vegan_ #Bouilli

  • Pourquoi « réautoriser les néonicotinoïdes pour un système de culture betteravier désuet et dommageable » ?
    https://www.lemonde.fr/idees/article/2020/08/21/pourquoi-reautoriser-les-neonicotinoides-pour-un-systeme-de-culture-betterav

    Tribune. Sous la pression des lobbys sucriers, le gouvernement envisage de réautoriser provisoirement le recours aux néonicotinoïdes pour la culture de la betterave à sucre, alors même que la loi sur la biodiversité de 2018 en interdit aujourd’hui formellement l’emploi. Cette culture vient, il est vrai, d’être lourdement affectée par une maladie virale, la jaunisse de la betterave, transmise par un puceron qui a récemment pullulé dans les champs du fait des conditions climatiques particulières de cette année.

    Mais les apiculteurs ont néanmoins des raisons de s’inquiéter d’une telle décision car on sait désormais comment l’exposition à ces insecticides déboussole les butineuses. Outre les abeilles mellifères, ce sont la plupart des pollinisateurs qui souffrent de surmortalité en la présence de ces insecticides, et c’est donc aussi la fécondation d’un très grand nombre de plantes cultivées (colza, tournesol, arbres fruitiers, etc.) qui risque de se retrouver lourdement handicapée.
    Lire aussi Le gouvernement défend la réautorisation des néonicotinoïdes pour « garder une filière sucrière en France »

    La Confédération générale des producteurs de betteraves (CGB) n’a pas manqué de signaler que les racines de cette plante sucrière sont arrachées bien avant sa date de floraison et donc avant toute possibilité de voir leurs fleurs butinées. Mais les résidus insecticides peuvent être néanmoins absorbés par toutes les plantes à fleurs cultivées les années suivantes, et c’est en cherchant le pollen sur ces dernières que les insectes pollinisateurs se retrouvent de fait empoisonnés.
    Une agroécologie scientifique

    La CGB rétorque que s’il est pertinent de mettre fin à l’emploi des néonicotinoïdes, encore faudrait-il que l’on ait préalablement trouvé un ou des produits de substitution. En insistant sur le fait que les rendements à l’hectare vont très sensiblement diminuer cette année du fait de la jaunisse, et que cela va peser très lourdement sur l’équilibre de notre balance commerciale agricole.

    Mais cela revient implicitement à dire qu’il n’existerait pas d’autres alternatives techniques que l’emploi de pesticides, et qu’améliorer le rendement à l’hectare consisterait toujours à l’accroître, indépendamment des coûts monétaires, sanitaires et environnementaux qui en résultent pour ce faire. C’est oublier aussi le fait que des alternatives techniques à l’emploi des néonicotinoïdes existent d’ores et déjà.
    Article réservé à nos abonnés Lire aussi Coronavirus : « L’origine de l’épidémie de Covid-19 est liée aux bouleversements que nous imposons à la biodiversité »

    Ces pratiques, qui relèvent d’une agroécologie scientifique, n’ont pas pour objectif d’éradiquer les pucerons et autres insectes ravageurs, au risque d’ailleurs d’engendrer de graves déséquilibres écologiques, mais visent plutôt à pouvoir les côtoyer tout en minorant leur prolifération et leurs ravages.

    Ces pratiques sont, entre autres, le choix de variétés tolérantes ou résistantes, l’allongement des rotations de cultures, la diversification des espèces cultivées au sein des mêmes terroirs, la plantation de haies vives, de bandes enherbées et d’autres infrastructures écologiques destinées à héberger des insectes auxiliaires tels que les coccinelles, syrphes et chrysopes, aptes à neutraliser les pucerons.
    Faible compétitivité

    Ces techniques agricoles sont, il est vrai, bien plus savantes et compliquées que celles encore trop souvent mises en œuvre dans le cadre des modes d’agricultures industrielles exagérément spécialisées. Elles sont plus exigeantes en travail et donc plus intensives en emplois, ce qui n’est pas en soi néfaste. Elles exigent aussi bien moins d’importations de pesticides et d’engrais azotés de synthèse, coûteux en énergie fossile, tout en présentant de moindres risques sanitaires et environnementaux.

    La fermeture annoncée des sucreries en France n’a d’ailleurs pas attendu l’apparition de la jaunisse de la betterave ; elle résulte en fait de la faible compétitivité de nos systèmes betteraviers actuels face à la concurrence de la canne à sucre brésilienne. Pourquoi nous faudrait-il alors continuer de produire toujours davantage de betteraves pour des usines d’éthanol dont on sait qu’elles ne peuvent guère devenir rentables du fait de cette concurrence sur les marchés mondiaux ?
    Article réservé à nos abonnés Lire aussi Avec ou sans floraison, les néonicotinoïdes représentent des risques pour les pollinisateurs

    Ne conviendrait-il donc pas plutôt de diversifier les cultures au sein de nos assolements et d’y rétablir une bien plus grande biodiversité domestique et spontanée, en y intégrant surtout des plantes légumineuses (luzerne, trèfle, lupin, féverole, etc.), pour produire notamment les protéines végétales dont la France et l’Europe sont déficitaires pour près des deux tiers ?

    Le président Macron nous a d’ailleurs promis, au lendemain du dernier G7, un plan visant à rétablir notre souveraineté protéinique, afin de ne plus dépendre des importations considérables de graines et de tourteaux de soja transgéniques en provenance des Amériques. Plutôt que de réautoriser les néonicotinoïdes pour un système de culture betteravier désuet et dommageable, le gouvernement ne devrait-il pas le mettre en œuvre au plus tôt ? Une façon de concilier les impératifs économiques, sociaux et environnementaux !

    Marc Dufumier est l’auteur de « L’Agroécologie peut nous sauver » (entretiens avec le journaliste Olivier Le Naire, Actes Sud, 2019).

    Marc Dufumier(Agronome)

    #néonicotinoïdes #pesticides #Perturbateurs_endocriniens #Betteraves #Agroécologie

  • Velouté de betteraves, chèvre frais et noix
    https://cuisine-libre.fr/veloute-de-betteraves-chevre-frais-et-noix

    Épluchez et hachez l’échalote. Coupez les betteraves en cubes. Mettez l’échalote et les dés de #Betterave dans une casserole ou un mixeur chauffant. Ajoutez une cuillerée à café rase de sel et versez l’eau. Faites cuire 15 minutes à feu vif (ou à 100°C au mixeur chauffant). Poivrez, ajoutez le fromage de chèvre, le vinaigre et l’huile de noix. Mixez et servez avec des noix concassées. Betterave, #Veloutés, #Chèvre_frais / #Végétarien, #Sans_viande, #Sans_œuf, #Sans_gluten, #Bouilli

  • Trapped in Dublin

    ECRE’s study (https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2020/842813/EPRS_STU(2020)842813_EN.pdf) on the implementation of the Dublin Regulation III, has just been published by the Europpean Parliament Research Service which commissioned it.

    Drawing largely on statistics from the Asylum Information Database (AIDA) database, managed by ECRE and fed by national experts from across Europe, and on ongoing Dublin-related litigation, the study uses the European Commission’s own Better Regulation toolbox. The Better Regulation framework is designed to evaluate any piece of Regulation against the criteria of effectiveness, efficiency, relevance, coherence and EU added value.

    There are no surprises:

    Assessing the data shows that Dublin III is not effective legislation as it does not meet its own objectives of allowing rapid access to the procedure and ending multiple applications. The hierarchy of criteria it lays down is not fully respected. It appears inefficient – financial costs are significant and probably disproportionate. Notable are the large investments in transfers that do not happen and the inefficient sending of different people in different directions. The human costs of the system are considerable – people left in limbo, people forcibly transferred, the use of detention. The relevance and EU added value of the Regulation in its current form should be questioned. The coherence of the Dublin Regulation is weak in three ways: internal coherence is lacking due to the differing interpretations of key articles across the Member States+; coherence with the rest of the asylum acquis is not perfect; and coherence with fundamental rights is weak due to flaws in drafting and implementation.

    So far, so already well known.

    None of this is news: everybody knows that Dublin is flawed. Indeed, in this week’s hearing at the European Parliament, speaker after speaker stood up to condemn Dublin, including all the Member States present. Even the Member States that drove the Dublin system and whose interests it is supposed to serve (loosely known as the northern Member States), now condemn it openly: it is important to hear Germany argue in a public event that the responsibility sharing rules are unfair and that both trust among states and compliance across the Common European Asylum System is not possible without a fundamental reform of Dublin.

    More disturbing is the view from the persons subject to Dublin, with Shaza Alrihawi from the Global Refugee-led Network describing the depression and despair resulting from being left in limbo while EU countries use Dublin to divest themselves of responsibility. One of the main objectives of Dublin is to give rapid access to an asylum procedure but here was yet another case of someone ready to contribute and to move on with their life who was delayed by Dublin. It is no surprise that “to Dublin” has become a verb in many European languages – “dubliner” or “dublinare”, and a noun: “I Dublinati” – in all cases with a strong negative connotation, reflecting the fear that people understandably have of being “dublinated”.

    With this picture indicating an unsatisfactory situation, what happens now?

    Probably not much. While there is agreement that Dublin III is flawed there is profound disagreement on what should replace it. But the perpetual debate on alternatives to Dublin needs to continue. Dysfunctional legislation which fails the Commission’s own Better Regulation assessment on every score cannot be allowed to sit and fester.

    All jurisdictions have redundant and dysfunctional legislation on their statute books; within the EU legal order, Dublin III is not the only example. Nonetheless, the damage it does is profound so it requires attention. ECRE’s study concludes that the problems exist at the levels of design and implementation. As well as the unfair underlying principles, the design leaves too much room for policy choices on implementation – precisely the problem that regulations as legal instruments are supposed to avoid. Member States’ policy choices on implementation are currently (and perhaps forever) shaped by efforts to minimise responsibility. This means that a focus on implementation alone is not the answer; changes should cover design and implementation.

    The starting point for reform has to be a fundamental overhaul, tackling the responsibility allocation principles. While the original Dublin IV proposal did not do this, there are multiple alternatives, including the European Parliament’s response to Dublin IV and the Commission’s own alternatives developed but not launched in 2016 and before.

    Of course, Dublin IV also had the other flaws, including introducing inadmissibility procedures pre-Dublin and reduction of standards in other ways. Moving forward now means it is necessary to de-link procedural changes and the responsibility-sharing piece.

    Unfortunately, the negotiations, especially between the Member States, are currently stuck in a cul-de-sac that focuses on exactly this kind of unwelcome deal. The discussion can be over-simplified as follows: “WE will offer you some ‘solidarity’ – possibly even a reform of Dublin – but only if, in exchange, YOU agree to manage mandatory or expanded border procedures of some description”. These might be expanded use of current optional asylum procedures at the border; it might be other types of rapid procedures or processes to make decisions about people arriving at or transferred to borders. In any case, the effect on the access to asylum and people’s rights will be highly detrimental, as ECRE has described at length. But they also won’t be acceptable to the “you” in this scenario, the Member States at the external borders.

    There is no logical or legal reason to link the procedural piece and responsibility allocation so closely. And why link responsibility allocation and procedures and not responsibility allocation and reception, for instance? Or responsibility allocation and national/EU resources? This derives from the intrusion of a different agenda: the disproportionate focus on onward movement, also known as (the) “secondary” movement (obsession).

    If responsibility allocation is unfair, then it should be reformed in and of itself, not in exchange for something. The cry will then go out that it is not fair because the MS perceived to “benefit” from the reform will get something for nothing. Well no: any reform could – and should – be accompanied with strict insistence on compliance with the rest of the asylum acquis. The well-documented implementation gaps at the levels of reception, registration, decision-making and procedural guarantees should be priority.

    Recent remarks by Commissioner Schinas (https://euobserver.com/migration/147511) present nothing new and among many uncertainties concerning the fate of the 2016 reforms is whether or not a “package approach” will be maintained by either or both the co-legislators – and whether indeed that is desirable. One bad scenario is that everything is reformed except Dublin. There are provisional inter-institutional agreements on five files, with the Commission suggesting that they move forward. ECRE’s view is that the changes contained in the agreements on these files would reduce protection standards and not add value; other assessments are that protection standards have been improved. Either way, there are strong voices in both the EP and among the MS who don’t want to go ahead without an agreement on Dublin. Which is not wrong – allocation of responsibility is essential in a partially harmonised system: with common legal provisions but without centralised decision-making, responsibility allocation is the gateway to access rights and obligations flowing from the other pieces of legislation. Thus, to pass other reforms without tackling Dublin seems rather pointless.

    While certainly not the best option, the best bet (if one had to place money on something) would be that nothing changes for the core legislation of the CEAS. For that reason, ECRE’s study also lists extensive recommendations for rights-based compliance with Dublin III.

    For example, effectiveness would be improved through better respect for the hierarchy of responsibility criteria, the letter of the law: prioritise family unity through policy choices, better practice on evidential standards, and greater use of Articles 16 and 17. Minimise the focus on transfers based on take-back requests, especially when they are doomed to fail. To know from the start that a transfer is doomed to fail yet to persist with it is an example of a particularly inhumane political dysfunction. Effectiveness also requires better reporting to deal with the multiple information gaps identified, and clarity on key provisions, including through guidance from the Commission.

    Solidarity among Member States could be fostered through use of Article 33 in challenging situations, which allows for preventive actions by the Commission and by Member States, and along with the Temporary Protection Directive, provides better options than some of the new contingency plans under discussion. The use of Article 17, 1 and 2, provides a legal basis for the temporary responsibility-sharing mechanisms which are needed in the absence of deeper reform.

    In perhaps the most crucial area, fundamental rights compliance could be significantly improved: avoid coercive transfers; implement CJEU and ECtHR jurisprudence on reasons for suspension of transfers – there is no need to show systemic deficiencies (CK, Jawo); make a policy decision to suspend transfers to the EU countries where conditions are not adequate and human rights violations are commonplace, rather than waiting for the courts to block the transfer. Resources and political attention could focus on the rights currently neglected: the right to family life, the best interests of the child, right to information, alternatives to detention. Evaluating implementation should be done against the Charter of Fundamental Rights and should always include the people directly affected.

    Even with flawed legislation, there are decisions on policy and resource allocation to be made that could make for better compliance and, in this case, compliance in a way that generates less suffering.

    https://www.ecre.org/weekly-editorial-trapped-in-dublin

    #asile #migrations #réfugiés #Dublin #Dublin_III #Better_Regulation #efficacité #demandes_multiples (le fameux #shopping_de_l'asile) #accélération_des_procédures #coût #transferts_Dublin #renvois_Dublin #coûts_humains #rétention #limbe #détention_administrative #renvois_forcés #cohérence #droits_humains #dépression #désespoir #santé_mentale #responsabilité #Dublin_IV #procédure_d'asile #frontières #frontière #mouvements_secondaires #unité_familiale #inhumanité #solidarité #Temporary_Protection_Directive #protection_temporaire #droits #intérêt_supérieur_de_l'enfant

    –—

    Commentaire de Aldo Brina à qui je fais aveuglement confiance :

    Les éditos de #Catherine_Woollard, secrétaire générale de l’#ECRE, sont souvent bons… mais celui-ci, qui porte sur Dublin, gagne à être lu et largement diffusé

    ping @karine4 @isskein

    • #Résolution du Parlement européen du 17 décembre 2020 sur la mise en œuvre du règlement #Dublin_III (2019/2206(INI))

      Extrait :

      Les procédures de transfert ont fortement augmenté en 2016-2017 et génèrent des coûts humains, matériels et financiers considérables ; déplore toutefois que les transferts n’aient été effectués que dans 11 % des cas, ce qui aggrave encore la surcharge souvent importante des régimes d’asile et confirme le manque d’efficacité du règlement ; juge essentiels les efforts visant à garantir l’accès à l’information et des procédures rapides pour le regroupement familial et les transferts de demandeurs d’asile

      https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2020-0361_FR.html

      #statistiques #chiffres

  • #Soudan : les #milices #Janjawid garde-frontières ou #passeurs ?

    Dans un communiqué, les #Forces_de_soutien_rapide (#RSF), groupe paramilitaire servant de “garde-frontières” au Soudan, ont annoncé avoir arrêté 138 migrants africains, jeudi 19 septembre. Pour le spécialiste Jérôme Tubiana, cette annonce fait partie d’une stratégie : le Soudan cherche à attirer l’attention de l’Union européenne qui a arrêté de lui verser des fonds.

    Les Forces de soutien rapide (RSF), une organisation paramilitaire soudanaise, ont annoncé avoir arrêté, jeudi 19 septembre, 138 Africains qui souhaitaient pénétrer “illégalement” en Libye. Parmi eux, se trouvaient des dizaines de Soudanais mais aussi des Tchadiens et des Éthiopiens.

    "Le 19 septembre, une patrouille des RSF a arrêté 138 personnes de différentes nationalités qui essayaient de traverser illégalement la frontière avec la Libye", précise le communiqué.

    Une partie de ces migrants ont été incarcérés dans la zone désertique de #Gouz_Abudloaa, situé environ à 100 km au nord de Khartoum, comme ont pu le constater des journalistes escortés sur place par des RSF, mercredi 25 septembre. Dans le communiqué, les RSF assurent également avoir saisi six véhicules appartenant à des passeurs libyens chargés du transit des migrants.

    Le même jour, le Soudan a décidé de fermer ses #frontières avec la Libye et la Centrafrique pour des raisons de sécurité. Dans les faits, le pays souhaite mettre fin aux départs de rebelles soudanais vers la Libye, qui sont parfois rejoints par des migrants.

    Créées en 2013 par l’ex-président soudanais, Omar el-Béchir, les RSF assurent le maintien de l’ordre dans le pays. Trois ans après leur création, elles ont été dotées d’une mission supplémentaire : empêcher les migrants et les rebelles de franchir les frontières nationales. C’est ce que montrent notamment des chercheurs dans un rapport publié par un think tank néerlandais, Clingendael, publié en septembre 2018.

    Les Forces de soutien rapide, véritables gardes-frontières du Soudan

    Si le document pointe une politique soudanaise de surveillance des frontières "en grande partie assignée aux ‘forces de soutien rapide’ (RSF)", derrière cette appellation officielle, se cache une réalité plus sombre. Connue localement sous le nom de Janjawid, cette milice fait notamment l’objet d’une enquête du Conseil militaire de transition, qui dirige le Soudan depuis la destitution, le 11 avril, du président Omar el-Béchir.

    D’après les conclusions de l’enquête, rendues publiques samedi 27 juillet, les RSF auraient frappé et tiré sur des manifestants lors d’un sit-in, le 3 juin, à Khartoum, alors qu’ils étaient venus protester contre la politique d’Omar el-Béchir. Si d’après un groupe de médecins, 127 manifestants ont été tués, le commission d’enquête compte, de son côté, 87 morts. Cette répression violente avait provoqué, dans la foulée, un levé de boucliers à l’échelle internationale.

    Un groupe armé qui a bénéficié de fonds européens

    Certains RSF sont aussi accusés d’avoir commis des exactions dans la région du Darfour, à l’ouest du Soudan. Le rapport précise pourtant que, grâce aux fonds versés par l’Union européenne, ils “sont mieux équipés, mieux financés et déployés non seulement au Darfour, mais partout au Soudan". D’après ce document, "160 millions d’euros ont été alloués au Soudan" entre 2016 et 2017. Et, une partie de cet argent a été versé par Khartoum aux RSF. Leur chef, Hemeti, est d’ailleurs officiellement le numéro 2 du Conseil militaire de transition.

    Fin juillet, l’Union européenne a toutefois annoncé le gel de ses financements au Soudan. "L’Union européenne a pris peur. Elle a considéré que cette coopération avec le Soudan était mauvaise pour son image car, depuis plusieurs années, elle finançait un régime très violent envers les migrants et les civils", explique Jérôme Tubiana, chercheur spécialiste du Soudan et co-auteur du rapport néerlandais.

    Non seulement les passeurs demandent de l’argent aux migrants mais ce ne sont pas les seuls à leur en réclamer. "La milice Janjawid taxe les migrants, elle joue à un double-jeu", dénonce sur RFI, Clotilde Warin, journaliste chercheuse et co-auteure du rapport. "Les miliciens […] qui connaissent très bien la zone frontalière entre le Soudan, le Tchad et le Niger […] deviennent eux-mêmes des passeurs, ils utilisent les voitures de l’armée soudanaise, le fuel de l’armée soudanaise. C’est un trafic très organisé."

    "Les RSF profitent de leur contrôle de la route migratoire pour vendre les migrants à des trafiquants libyens", ajoute, de son côté, Jérôme Tubiana, qui estime que ces miliciens s’enrichissent plus sur le dos des migrants qu’ils ne les arrêtent.

    Annoncer l’arrestation d’un convoi est donc un moyen, pour les RSF, de faire du chantage à l’Europe. "Ils essayent de lui dire que si elle veut moins de migrants sur son territoire, elle doit apporter son soutien aux RSF car, ils sont les seuls à connaître cette région dangereuse", précise Jérôme Tubiana, ajoutant qu’Hemeti, fragilisé, est en recherche de soutiens politiques.

    Un membre des RSF, interrogé dans le cadre de l’enquête néerlandaise, reconnaît lui-même le rôle actif de la milice dans le trafic des migrants. "De temps en temps, nous interceptons des migrants et nous les transférons à Khartoum, afin de montrer aux autorités que nous faisons le travail. Nous ne sommes pas censés prendre l’argent des migrants, [nous ne sommes pas censés] les laisser s’échapper ou les emmener en Libye… Mais la réalité est assez différente…", lit-on dans le rapport.

    https://www.infomigrants.net/fr/post/19795/soudan-les-milices-janjawid-garde-frontieres-ou-passeurs?ref=tw_i
    #gardes-frontière #para-militaires #paramilitaires #fermeture_des_frontières #maintien_de_l'ordre #contrôles_frontaliers #surveillance_des_frontières #fonds_européen #Hemeti #armée #trafic_d'êtres_humains #armée_soudanaise #externalisation #externalisation_des_frontières

    ping @karine4 @isskein @pascaline

    Ajouté à la métaliste sur l’externalisation des frontières :
    https://seenthis.net/messages/731749#message804171

    • Une nouvelle de juillet 2019...

      EU suspends migration control projects in Sudan amid repression fears

      The EU has suspended projects targeting illegal migration in Sudan. The move comes amid fears they might have aided security forces responsible for violently repressing peaceful protests in the country, DW has learned.

      An EU spokesperson has confirmed to DW that a German-led project that organizes the provision of training and equipment to Sudanese border guards and police was “halted” in mid-March, while an EU-funded intelligence center in the capital, Khartoum, has been “on hold” since June. The EU made no public announcements at the time.

      The initiatives were paid for from a €4.5 billion ($5 billion) EU fund for measures in Africa to control migration and address its root causes, to which Germany has contributed over €160 million. Sudan is commonly part of migration routes for people aiming to reach Europe from across Africa.

      Critics had raised concerns that working with the Sudanese government on border management could embolden repressive state forces, not least the notorious Rapid Support Forces (RSF) militia, which is accused by Amnesty International of war crimes in Sudan’s Darfur region. An EU summary of the project noted that there was a risk that resources could be “diverted for repressive aims.”

      Support for police

      A wave of protest swept the country in December, with demonstrators calling for the ouster of autocratic President Omar al-Bashir. Once Bashir was deposed in April, a transitional military council, which includes the commander of the RSF as deputy leader, sought to restore order. Among various incidents of repression, the militia was blamed for a massacre on June 3 in which 128 protesters were reportedly killed.

      While the EU maintains it has provided neither funding nor equipment to the RSF, there is no dispute that Sudanese police, who also stand accused of brutally repressing the protests, received training under the programs.

      Dr. Lutz Oette, a human rights expert at the School of Oriental and African Studies (SOAS), told DW: “The suspension is the logical outcome of the change in circumstances but it exposes the flawed assumptions of the process as far as working with Sudan is concerned.”

      Oette said continuing to work with the Sudanese government would have been incompatible with the European Union’s positions on human rights, and counterproductive to the goal of tackling the root causes of migration.

      Coordination center

      The intelligence center, known as the Regional Operational Center in Khartoum (ROCK), was to allow the security forces of nine countries in the Horn of Africa to share intelligence about human trafficking and people smuggling networks.

      A spokesperson for the European Commission told DW the coordination center had been suspended since June “until the political/security situation is cleared,” with some of its staff temporarily relocated to Nairobi, Kenya. Training and some other activities under the Better Migration Management (BMM) program were suspended in mid-March “because they require the involvement of government counterparts to be carried out.” The EU declined to say whether the risk of support being provided to repressive forces had contributed to the decision.

      The spokesperson said other EU activities that provide help to vulnerable people in the country were continuing.

      An official EU document dated December 2015 noted the risk that the provision of equipment and training to security services and border guards could be “diverted for repressive aims” or subject to “criticism by NGOs and civil society for engaging with repressive governments on migration (particularly in Eritrea and Sudan).”

      ’Regular monitoring’

      The BMM program is being carried out by a coalition of EU states — France, Germany, Italy, the Netherlands, the United Kingdom — and aid agencies led by the German development agency GIZ. It includes projects in 11 African countries under the auspices of the “Khartoum process,” an international cooperation initiative targeting illegal migration.

      The ROCK intelligence center, which an EU document shows was planned to be situated within a Sudanese police training facility, was being run by the French state-owned security company Civipol.

      The EU spokesperson said, “Sudan does not benefit from any direct EU financial support. No EU funding is decentralized or channeled through the Sudanese government.”

      “All EU-funded activities in Sudan are implemented by EU member states development agencies, the UN, international organizations and NGOs, who are closely scrutinized through strict and regular monitoring during projects’ implementation,” the spokesperson added.

      A spokesperson for GIZ said: “The participant lists of BMM’s training courses are closely coordinated with the [Sudanese government] National Committee for Combating Human Trafficking (NCCHT) to prevent RSF militiamen taking part in training activities.”

      The GIZ spokesperson gave a different explanation for the suspension to that of the EU, saying the program had been stopped “in order not to jeopardize the safety of [GIZ] employees in the country.” The spokesperson added: “Activities in the field of policy harmonization and capacity building have slowly restarted.”

      https://www.dw.com/en/eu-suspends-migration-control-projects-in-sudan-amid-repression-fears/a-49701408

      #police #Regional_Operational_Center_in_Khartoum (#ROCK) #Better_Migration_Management (#BMM) #processus_de_Khartoum

      Et ce subtil lien entre migrations et #développement :

      Sudan does not benefit from any direct EU financial support. No EU funding is decentralized or channeled through the Sudanese government.

      “All EU-funded activities in Sudan are implemented by EU member states development agencies, the UN, international organizations and NGOs, who are closely scrutinized through strict and regular monitoring during projects’ implementation,” the spokesperson added.

      #GIZ

      Ajouté à la métaliste #migrations et développement :
      https://seenthis.net/messages/733358

  • Salade russe de Malmedy
    https://cuisine-libre.fr/salade-russe-de-malmedy

    Copieuse salade carnavalesque, pour festoyer en toute insouciance ! Cuire les pommes de terre sans les éplucher. Cuire le céleri et les œufs durs. Tout laisser refroidir. Pendant ce temps, égoutter et les petits oignons et les betteraves en gardant leur jus. Débiter en dès la pomme, les betteraves et les harengs débarrassés de leur arête. Hacher les oignons, les noix et les cornichons. Couper ensuite les pommes de terre en dès, sans les éplucher. Éplucher le céleri et le couper en dès. Écaler les…

    #Pomme_de terre, #Betterave, #Hareng, #Macédoines / #Sans_gluten, #Sans_lactose, #Sans_viande, #Bouilli #Carnaval #Malmedy

  • Don’t Pick “Mini-Me” Mentees and Other Actions for Allies
    https://hackernoon.com/dont-pick-mini-me-mentees-and-other-actions-for-allies-3e78ddf6ddd1?sour

    Each week, we share five simple actions to create a more inclusive workplace and become a better ally.Photo of a primate looking in a mirror at itself. Photo by Andre Mouton from Pexels.1. Don’t pick “mini-me” menteesEarlier this week, Bloomberg published the results of a research study that shows 71% of mentors surveyed have mentees of the same gender and race as themselves.Allies, let’s all respond to that next email from someone who is different from us who’s seeking our advice. Tell the women’s group at our company that we’re available to be a mentor. Volunteer through a formal mentoring program and request someone from a different demographic.Let’s not be part of that 71% who only have “mini-me” mentees.2. Look deep and look often when identifying talentStretch assignments can help employees (...)

    #talent-management #sexual-harassment #diversity #inclusion #betterallies

  • Navettes d’endives à la crème de #Betterave
    https://cuisine-libre.fr/navettes-d-endives-a-la-creme-de-betterave

    Bouchées rafraichissantes qui ont belle gueule. Préparer la crème en mixant la betterave avec la ricotta. Ajouter l’huile de noix, mélanger, saler et poivrer à votre goût. Réserver au frais. Préparer les autres ingrédients Écraser les noix pour les concasser. Débiter la ciboulette en petits bâtonnets égaux. Couper la tomme en lamelles, fines et petites. Nettoyer les endives, couper le trognon et détacher les feuilles, en jetant celles qui sont abîmées. Montage Dans une feuille d’endive, déposer une…

    #Endive, Betterave, #Amuse-gueules / #Sans_viande, #Végétarien, #Sans_œuf, #Sans_gluten

  • What do we know about data on environmental migration?

    Disaster displacement forces millions of people away from their homes every year. Many more move in the context of environmental changes. Estimating the number of people affected remains a challenge for the international community. #Atle_Solberg, Head of the Platform on Disaster Displacement and #Francois_Gemenne, specialist of environmental geopolitics and migration dynamics, share their views on this topic.

    https://vimeo.com/305714985


    #statistiques #chiffres #réfugiés_environnementaux #migrations #réfugiés #asile #données #catastrophes #climat #changement_climatique #vitesse #rapidité #fiabilité #IDPs #déplacés_internes #collecte_de_données

    ping @reka @simplicissimus

  • #Œufs cocote en #Patidou
    https://cuisine-libre.fr/oeufs-cocote-en-patidou

    Préchauffer le #Four à 200°C. Couper les chapeaux des patidoux, creuser pour enlever les graines, et faire cuire dans l’eau bouillante pendant 20 à 25 min (chapeaux et corps des patidoux). Émincer finement les feuilles de blettes et les faire revenir avec les gousses d’ail haché, du sel, du poivre et du piment d’espelette. Égoutter les patidoux et récupérer une partie de la chair. Mélanger la chair de patidoux, les feuilles de blettes, le fromage rapé, la crème et les blancs d’œufs. Rectifier…

    Œufs, Patidou, #Bettes, #Farcis / #Sans_viande, #Sans_lactose, #Sans_gluten, #Bouilli, Four

  • Brownie #Betterave #Chocolat
    https://cuisine-libre.fr/brownie-betterave-chocolat

    Préchauffer le #Four à 180°C. Faire fondre le beurre et le chocolat en morceaux au micro-ondes, bien mélanger. Mélanger les œufs et le sucre et faire mousser. Mélanger les 2 préparations. Ajouter la purée de betterave, la fécule, la poudre d’amande, la poudre de cacao amer, le sucre vanille et la levure chimique. Bien mélanger. Repartir la préparation dans un moule carré beurré. Enfourner et cuire pendant 30 à 35 min. Laisser refroidir avant de démouler puis découper en carrés en parts…

    Betterave, Chocolat, #Brownies / #Sans_viande, #Sans_gluten, Four